A casa tutto bene: un inno alla paura
“Me lo dicevi anche tu
La vita va vissuta
Senza trovarci un senso.
Me lo dicevi anche tu
La vita va vissuta
E invece io la penso.”(1)
Dopo tre anni dalla pubblicazione di Vol. 3 - Il cammino di Santiago in taxi, nel 2017 Brunori Sas ritorna sulla scena musicale con A casa tutto bene, concepito nei momenti di otium dell’autore tra i bucolici paesaggi di San Fili e di San Marco Argentano, entrambe località in provincia di Cosenza, e ultimato nella frenetica Milano. Già da un primo ascolto, ci si rende conto di come tale disco sia meno ironico rispetto ai precedenti, ma di certo più oscuro, più misterioso, con uno sguardo intenso rivolto alle fragilità dell’animo umano, innescando una moltitudine di riflessioni disincantate. Brunori si apre brutalmente, si spoglia di tutte certezze, di ogni sicurezza e rimane nudo dinanzi ad un pubblico che lo ascolta interessato e allo stesso tempo sconcertato alla messa in atto di un vero e proprio inno alla paura. “Te ne sei accorto, sì che parti per scalare le montagne e poi ti fermi al primo ristorante e non ci pensi più.” (2). Brunori cosa fa in questo caso? Non fa altro che sbatterci in faccia la nuda e cruda verità. L’uomo si destreggia tra la felicità, la meraviglia di essere riuscito a superare la propria pigrizia, a superare quella che noi oggi chiameremmo comfort-zone e la paura dell’ignoto, di quello che ci risulta estraneo, la paura di incontrare qualcosa che potrebbe arrecarci dolore. L’uomo è fisicamente immobile, ma allo stesso avverte un senso di sbalordimento misto ad inquietudine, che nell’antica Grecia definiva l’animo filosofico e veniva identificato con il termine thaumazein. “Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere.” (3). Ed è proprio così. Di fronte alla paura l’uomo di Brunori non si sente all’altezza delle difficoltà e preferisce sedersi al primo ristorante e non pensarci più, fingendo che non sia mai successo. Ma forse, ciò che causa la paura nell’uomo non è rappresentato tanto dalle difficoltà, quanto più dall’alterità. Quella stessa alterità che la soggettività moderna, da Cartesio in avanti, passando per Kant, Fichte, Hegel, ha tentato di abolire. Nella seconda traccia del suo album, L’uomo nero (4), Brunori compie una satira brutale nei confronti della società e della condizione politica italiana. Ma il tema di fondo rimane lo stesso, quello della paura, e in questo caso particolare, quello della paura del diverso. “Quando ho temuto per la mia vita seduto su un autobus di Milano solo perché un ragazzino arabo si è messo a pregare dicendo il corano.” L’idea di uomo maschio, bianco, cis, etero, che più propriamente definirei l’idea di uomo cristallizzata e insita nel pensiero delle persone attraverso l’imperativo categorico “Così deve essere!”, nel momento in cui trova davanti a sé qualcosa o qualcuno incompatibile col proprio essere, sviluppa unsentimento di paura, di timore. Brunori ribalta la prospettiva: l’uomo nero, usato dalla società in modo dispregiativo per definire l’uomo senegalese arrivato in Italia dopo un anno di viaggio, diventa in questo caso ogni singolo membro di quella stessa società, amante della casa, della famiglia, della religione cristiana, che insegna ad amare il prossimo, ma, paradossalmente (5), solo il prossimo italiano. Continua il viaggio della paura fino ad approdare alla figura di Don Abbondio: il personaggio manzoniano assume in Brunori , nella nona traccia intitolata, per l’appunto, Don Abbondio, un ruolo chiaro e distinto. Diventa la personificazione della paura e della codardia, inglobando in sé tutte quelle persone che sanno da che parte stare, ma che, forse per mancanza di parole, di idee, di energia, non credono in una possibilità di cambiamento. In Secondo me, penultima traccia di A casa tutto bene, Brunori dichiara la sua posizione, racconta ciò che gli fa paura: il mondo occidentale lo terrorizza, di quel mondo disprezza l’imposizione di rimuovere il dolore, di far finta che non esista. Le paure, i dolori, la tristezza non sono ammissibili nel mondo odierno, spazio per la debolezza non esiste e l’uomo, l’animal rationale, deve apparire cinico e freddo in ogni situazione.Potrebbe sembrare così che l’uomo, raccontato e narrato in tutto l’album, si trovi costantemente in una condizione di immobilità causata dalla paura, presente in ogni singolo momento, ma nonostante essa risulti quasi l’elemento ontologico primordiale, non dobbiamo pensare che Brunori ci presenti, attraverso una visione pessimistica, una condizione dell’uomo che opera nella paura in modo permanente, perché non è così. Il cantautore calabrese mostra l’esistenza di rimedi contro di essa e lo fa nella terza traccia del suo album, Canzone contro la paura. Il rimedio individuato da Brunori è rappresentato dalla musica stessa. La musica trascende il mondo fenomenico e, attraverso un linguaggio universale, diventa immagine della volontà di colui che fa musica (6). Andando oltre quella che è la realtà empirica, la musica oltrepassa anche la paura stessa, intesa, heideggerianamente parlando, come paura di qualcosa (7).Attraverso Canzone contro la paura, Brunori, parlando di vita, entra nel cuore di tutti coloro che hanno fatto della paura il proprio stato d’animo; Brunori parla a me, a te, parla a noi, ricordandoci chi siamo, oltre le nostre paure. Da questa riflessione, l’autore ha modo di concludere l’album, realizzandolo sottoforma di struttura ciclica. Le ultime parole de La vita pensata sono: “Me lo dicevi sempre la vita è una prigione che vedi solo tu. Me lo dicevi sempre la vita è una catena che chiudi a chiave tu.” Brunori conclude il viaggio e ci lascia all’ultima fermata: egli afferma poeticamente di accettare la vita così com’è, dire di sì ad essa incondizionatamente (8). L’opera di Dario Brunori è una raffinata opera d’arte che incita l’ascoltatore alla riflessione, ponendolodinanzi a quesiti che nella frenetica vita quotidiana non coglierebbe. Inviterei chiunque a prendersi un po’ di tempo per immergersi nell’intero album e, sotto consiglio della scritta riportata sul lato D del disco in vinile di A casa tutto bene, a ritagliarsi altri “venti minuti per riflettere sul capolavoro che avete appena ascoltato.”
Note.
(1) Cit. dalla canzone La vita pensata, appartenente all’album A casa tutto bene, quarto capitolo del percorso musicale del cantautore calabrese Dario Brunori, in arte Brunori Sas.
(2) Cit. dalla canzone La verità, dell’album A casa tutto bene.
(3) Da Aristotele, Metafisica, I, 2, 982b, 12.
(4) Dall’album A casa tutto bene.
(5) Riferimento al paradosso dell’incontro etnografico dell’antropologo napoletano Ernesto De Martino.
(6) Riferimento a Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione.
(7) Da Essere e tempo, di M. Heidegger.
(8) Riferimento a Così parlò Zarathustra, di F.W. Nietzsche.