Corpi. Medioevo, potere e "anarchia"
1. In un testo fondamentale per la storiografia contemporanea, La società feudale, il medievista Marc Bloch auspicava, per lo studio di una storia “più degna”, che si desse il giusto risalto alle “avventure del corpo”.
Perché dunque il corpo? Studi storici più recenti, lungo il solco tracciato dalle più chiare menti, si sono spesi per rispondere a questa domanda. Le prospettive di ricerca in questo senso sono sempre più fertili e ampie, anche grazie all’armonico sodalizio ormai stretto dalla storia con l’antropologia e la biochimica. Appare ormai acclarato che la scienza storica trovi una corrispondenza ideale nel motto terenziano, per cui tutto ciò che riguarda l’uomo è degno d’interesse.(1)
Il corpo non è soltanto un oggetto in movimento che, muto, occupa uno spazio anonimo in un contesto del quale semplicemente osserva le regole sovraindividuali; non è neppure un involucro contingente, destinato a contenere come meglio può una mente più o meno interessante da osservare. Al contrario il corpo, con ciò che su di esso si imprime, e viceversa con ciò che esso è in grado di imprimere sulla realtà circostante, è soggetto della vita activa e oggetto di una storicità rilevabile e rilevante. Non bisogna dare per scontato, come è stato messo in risalto in modo definitivo dal lavoro di Norbert Elias(2) e, nello specifico degli studi medievistici, da Jacques Le Goff e Jean-Claude Schmitt,(3) che sul corpo e attraverso il corpo si manifesta lo strettissimo rapporto, mutante nel tempo, di natura e cultura nelle società umane.
In questo articolo intendo circoscrivere un momento puntiforme della storia dei corpi nel Medioevo. Puntiforme eppure densissimo di materia, come una stella nana bianca, giacché il rapporto del corpo con il potere, e dunque il suo riverbero politico e culturale, diviene oggi di giorno in giorno più complesso. Non ho qui l’ambizione accademica di esporre una ricerca innovativa, né voglio proporre una semplice, ripetitiva riflessione su studi storico-culturali già editi e vivacemente discussi. È mia intenzione riflettere dapprima sul rapporto complesso e contraddittorio che la cultura medievale del potere intrattiene con il corpo, visto come metafora politica, come oggetto di elevazione spirituale e al contempo di controllo. Infine, opporrò alla cultura dominante il caso particolare della comunità di villaggio periferica, dove l’eterodossia di una “cultura del corpo” isolata e centrifuga si traduce in un contropotere.
2. La cultura del Medioevo occidentale si fonda sul rapporto, verticale e dualistico, fra l’alto e il basso, fra il cielo e la terra posti in un rapporto non di separazione netta, ma più spesso di reciprocità. A livello sociale, questo rapporto si può individuare nelle relazioni intrattenute a vari livelli di complessità dai diversi gruppi i quali, malgrado le notevoli differenze di classe, riuscivano comunque a comunicare per mezzo di legami trasversali, come vasi comunicanti ancorché di diversa fattura. Ne sono un esempio l’origine e lo sviluppo della cultura cavalleresca quale fenomeno di ascesa sociale dal basso,(4) o la debolezza, fino ad epoca tarda, delle barriere sociali nella rete di rapporti.(5)
Ora, nella concezione del corpo e delle sue parti, il pensiero medievale manifesta la tendenza a trovare un punto d’incontro fra l’alto e il basso. Il corpo esiste, contemporaneamente, in una dimensione mondana e in una spirituale. Per meglio dire, attraverso il corpo passa il legame fra il mondo sublunare e il macrocosmo celeste, di cui il primo è l’immagine riflessa. Fu la diffusione dei trattati arabi in Occidente, il parziale recupero della sapienza antica, infine la produzione originale di trattati latini fra i secoli XI e XIII, a consolidare quest’idea dapprima presso l’élite culturale ecclesiastica, poi presso frange più ampie della società.(6)
La stessa medicina medievale, al netto di una relativa “libertà” sperimentale e di una contenuta tendenza al razionalismo, subordinò la realtà empirica del corpo a un modello schematico ascrivibile all’ordine spirituale.(7)
In generale, possiamo dire che il corpo, nelle sue diverse parti, per quanto “reso sporco” dalle impurità dell’esistenza terrena, è dotato in potenza di una carica magico-spirituale che si ritrova, per esempio, nel culto delle reliquie.(8) Le mani e i piedi sono generalmente gravati da un giudizio negativo: le prime in quanto legate al lavoro, cioè alla condanna imposta dal peccato originale, e i secondi in quanto punto del corpo più lontano dal cielo. E tuttavia mani e piedi possono diventare oggetto di culto quando costituiscono i resti mortali dei santi.(9) E con le reliquie i fedeli mantengono un contatto particolarmente stretto, che implica il ricorso al tatto per invocarne il potere miracoloso.
Altra contraddizione: se san Paolo promuoveva il disprezzo del corpo in quanto porta d’ingresso privilegiata del peccato, è invece sul corpo di Cristo che si esplicitano il dramma della Passione e il riscatto dell’umanità. Esempio fondamentale è il sangue di Cristo, il Santo Sangue, oggetto di un culto che proprio nella somatizzazione della Passione da parte del fedele trova il suo fondamento.(10)
3. Il corpo occupa dunque uno spazio importante nella realtà materiale e nell’immaginario simbolico. E le élites, quelle ecclesiastiche quanto quelle laiche, man mano che le forme di potere andavano strutturandosi e centralizzandosi nei secoli più tardi del Medioevo, sfruttarono e approfondirono la carica simbolica del corpo. Un trattato famoso di Giovanni di Salisbury propone un’idea di Stato ideale, attinta già dall’epoca classica, utilizzando metafore corporee.(11) Ruolo centrale assume la testa, il caput, ereditando un campo semantico proprio del linguaggio politico latino, ma approfondendo il suo significato antropologico. Nel Medioevo occidentale, infatti, non erano solo le teste coronate (simbolo per eccellenza della ragione e del buon governo) a occupare un posto rilevante nel linguaggio del potere, ma anche quelle mozzate: la decapitazione era riservata esclusivamente a chi minacciava l’unità del corpus politico.(12)
Il potere laico dominò lo spazio simbolico appropriandosi del corpo tanto quanto la Chiesa, utilizzando financo gli stessi strumenti rituali di quest’ultima. I re francesi, che istituirono una forma di regalità sacra, vantavano il potere di guarire i malati di scrofola col tocco della loro mano. E nell’abbazia di Maubisson, vero santuario della monarchia, venivano seppellite le interiora dei re capetingi separatamente dal resto della salma, permettendo ai devoti di pregare per la salvezza della loro anima presso non una, ma due tombe regali.(13) Gli intestini, generalmente considerati il centro delle impurità carnali, venivano così sacralizzati e svolgevano un’azione duratura, oltre la vita dei loro proprietari, nell’esercizio del potere.
Queste forme di devozione non sarebbero state possibili se all’origine non vi fosse stata, oltre alla “propaganda”, una base culturale radicata nella popolazione. Si apre qui il problema di tutto un universo culturale “popolare” e di usanze folcloriche accessibili, purtroppo, solo attraverso testimonianze indirette, redatte al più da un pubblico ecclesiastico ostile o non in grado di comprendere. Alcuni brandelli di questa cultura sono sopravvissuti, disciplinati e integrati dal cristianesimo; altri sono scomparsi, dapprima bollati come superstizioni e poi aspramente combattuti.(14)
4. Da un lato, dunque, corpi addomesticati e disciplinati; dall’altra concezioni del corpo da disciplinare. In entrambi i casi, possiamo dire di trovarci di fronte a un campo di battaglia sul quale, in diversi momenti della storia del Medioevo occidentale, si sarebbe risolto il conflitto fra il cristianesimo centralizzato e l’eterodossia; ma anche sul quale si sarebbe giocata la partita del consolidamento di nuove élite culturali laiche (pensiamo al Rinascimento e al suo peculiare trionfo del corpo).
Quali porte può aprire, tuttavia, il caso particolare di un piccolo villaggio tardomedievale, relativamente isolato e in buona parte inconsapevole della propria esistenza storica? La storia di Montaillou, cellula di eresia catara caduta sotto i colpi di un puntiglioso inquisitore, si è rivelata una fonte d’eccezione per la ricerca storica, restituendo l’esempio di come il controllo ecclesiale sulla coscienza fosse, prima di epoche più recenti, molto meno forte ― e perciò bisognevole di incursioni inquisitoriali.(15)
A Montaillou il corpo è la base di tutte le relazioni sociali, catalizzate nella struttura cellulare della casa contadina e da questa proiettate nella piccola politica di villaggio. Attraverso il corpo e i gesti si esprimono qui tutte le forme di socializzazione, e vengono mediate tutte le metafore spirituali e sociali: qui il verbo nutriri vuol dire sia «trarre nutrimento» sia «ricevere un’educazione»; ovvero, dalla terra come dalla casa vengono la formazione, la coscienza, ma anche l’appartenenza e il “destino” individuale.(16)
La debole percezione dell’Io di un pastore di Montaillou trovava nel corpo il più immediato medium disponibile. Le convinzioni che ne derivavano esponevano questi contadini all’occhio dell’inquisitore locale, ma rivelano una spiritualità popolare originale: delle contadine erano perfino convinte che «l’anima è soltanto sangue» (uno spiritualismo particolarmente carnale). Come molte eresie medievali queste tendenze, qualora approfondite, agli occhi della Curia romana costituivano tendenze anarchiche in potenza. Perciò furono aspramente combattute dagli inquisitori, scomparvero col tempo, e infine la campagna entrò nella società.
5. Come magistralmente illustrato nelle Très riches heures du Duc de Berry, l’uomo medievale comprendeva il proprio destino e consolidava la coscienza del proprio Io attraverso la rappresentazione della propria forma materiale. Dalla testa ai piedi, il corpo fisico rifletteva in ogni sua parte un ordine sì spirituale, ma “razionalmente” comprensibile, che rendeva possibile, mediante un gioco di corrispondenze, la collocazione dell’individuo in un cosmo armonico in cui la singolarità era legata al tutto e viceversa. Questo razionalismo misticheggiante non va considerato, nelle sue espressioni artisticamente più riuscite, come il prodotto fine a sé stesso di un’elegante cultura materiale.
L’immaginario fornisce all’individuo strutture fondamentali per la trasmissione di idee e per la costruzione di una piena consapevolezza. Dall’altro lato l’esercizio del potere, in tutte le epoche, si dispiega sorvegliando le forme espressive della cultura, imbrigliando e reindirizzando le forze centrifughe verso il centro.
Ora che il nostro tempo ci impone, nei confronti della coscienza della nostra identità, un serio lavoro di pensiero, è determinante riflettere sul peso che una divergenza, ancorché piccola, può rivestire agli occhi di chi detiene il potere culturale. Pensare oggi al corpo e alle sue forme di rappresentazione ― prendere il possesso di queste forme ― è un atto di autodeterminazione. Cosa che, dal punto di vista della cultura “alta” della società omogenea, può equivalere all’anarchia ― ma che è, in ultima istanza, un esercizio di libertà.
Francesco Sicilia

Figura umana iscritta in un calendario astronomico, con i segni zodiacali corrispondenti alle parti anatomiche di rispettiva influenza, in Les Tres riches heures du Duc de Berry, MS65 f14v, 1416 ca., Chantilly, Musée Condé.
Note.
(1) E. Carr, Sei lezioni sulla storia, Einaudi 2000; M. Bloch, Apologia della storia o mestiere di storico, Einaudi 2009.
(2) N. Elias, Il processo di civilizzazione, Il Mulino 1998.
(3) J. Le Goff, Il corpo nel Medioevo, Laterza 2000; J-Cl. Schmitt, Le Corps, le rites, le rêves, le temps. Essais d’anthropologie, médiévale, Gallimard 2001.
(4) F. Cardini, Alle radici della cavalleria medievale, Sansoni 2004; J. Flori, La cavalleria medievale, Il Mulino 2002.
(5) J. Le Goff, La civiltà dell’Occidente medievale, Einaudi 2013.
(6) cfr. Le Goff, Il corpo nel Medioevo, p.140.
(7) A. Zanca, Schemi corporei umani medievali e d’Età moderna, in C. Pancino (a cura di), ‘Corpi. Storia, metafore, rappresentazioni fra Medioevo ed età contemporanea’, Marsilio 2000, pp.55-68.
(8) J. Hartnell, Corpi medievali. La vita, la morte e l’arte, Einaudi 2019.
(9) cfr. Hartnell, Ivi, pp.203-226; pp. 291-303.
(10) cfr. Hartnell, Ivi, p.191.
(11) Giovanni di Salisbury, Policraticus. L’uomo di governo nel pensiero medievale, a cura di L. Bianchi, Jaca book 1985.
(12) cfr. Hartnell, Corpi medievali, pp. 50-54; Le Goff, Il corpo nel Medioevo, pp. 148-155.
(13) cfr. Hartnell, Ivi, pp.245-47.
(14) J-Cl. Schmitt, Medioevo “superstizioso”, Laterza 2003.
(15) E. Le Roy Ladurie, Montaillou. Storia di un villaggio occitanico durante l’inquisizione, il Saggiatore 2019.
(16) cf.r Le Roy Ladurie, Ivi, p.182