L’utopia socialista è ancora attuale? Axel Honneth e la scintilla dell’essere “l’uno-per-l’altro”.
Nell’idea di socialismo si può ancora cercare.
Axel Honneth è il principale esponente della terza generazione della Scuola di Francoforte. Professore di filosofia a Francoforte ed alla Columbia University, è stato direttore dell’Istituto di Ricerca Sociale di Francoforte tra il 2001 ed il 2018. La sua ricerca tenta di conciliare liberalismo democratico ed egualitarismo socialista attraverso l’idea di riconoscimento sociale nella sua dimensione intersoggettiva. “L’Idea di Socialismo-Un sogno necessario” (Feltrinelli, 2016) rappresenta l’ambizioso tentativo di riattualizzare l’ideale socialista e riadattarlo alla complessità della società contemporanea.
Di questi tempi, il socialismo è un tema off-limits, un argomento che non vale più la pena di trattare né dal punto di vista politico né da quello filosofico. Al meglio, esso è retaggio di un passato in cui si pensava che “il mondo si potesse cambiare” e di cui vale la pena parlare solo da un punto di vista culturale e storico. Eppure, la ricerca di un grande ideale che possa infiammare menti e cuori è sicuramente impresa nobile da intraprendere persino nella nostra complessa modernità. Alcuni guardano al passato con nostalgia, mentre altri cercano di dare nuovo volto a vecchie idee. E’ il tentativo di Axel Honneth in “L’Idea di Socialismo-Un sogno necessario”, un lavoro che ricerca una “scintilla viva” all’interno di quello che sembra un antiquato carrozzone di idee. Sono 135 pagine divise in 4 sezioni, ognuna delle quali ha una precisa funzione teoretica. Honneth insomma prende molto seriamente l’idea di un nuovo socialismo. Presento qui un breve riassunto del libro a scopo divulgativo.
Introduzione: Honneth esalta la nobiltà del proprio sforzo teorico, in un’epoca nella quale “le persone considerano le condizioni istituzionali della vita comune solo come rapporti reificati” ed in cui la definitiva scomparsa di un movimento dei lavoratori ha portato con sé il tramonto del sogno di “trasformare le condizioni date”.
Nella prima sezione, l’autore recupera l’idea originaria di socialismo a partire dalle sue radici, che egli identifica nei tre ideali della Rivoluzione Francese. Analizzando le teorie di Robert Owen, Saint-Simon, Fourier, Proudhon ed Emile Durkheim, Honneth individua già fin dalla prima metà dell’800 l’incapacità del socialismo di conciliare l’ideale di libertà con quello di fraternità. Poiché fraternità implica limitazione della libertà individuale, questi due valori sono in contraddizione, a meno che non si conceda a quest’ultima un ruolo indipendente da esplicitarsi nella sfera sociale della democrazia politica. Ed è proprio l’ignorare tale contraddizione, lasciandola irrisolta, che genera il principale errore del socialismo marxista: il volgere lo sguardo alla sola sfera economica, teorizzando una società “sociale” in senso meramente economicista attraverso la riorganizzazione dei rapporti di produzione.
Nella seconda sezione, Honneth si occupa di liberare il socialismo dal suo “vecchio guscio concettuale”, e lo fa attaccandone tre assunzioni.
La prima: che la democrazia politica e le sue istituzioni non siano necessarie, ed anzi siano un ostacolo alla realizzazione dell’ideale socialista. Tale assunzione porta il socialismo a negare i diritti di libertà liberale, o meglio a trascurarli, poiché esso non è capace di render conto della contraddizione cui si faceva cenno sopra.
La seconda: che la realizzazione del socialismo sia un interesse intrinseco alla società stessa, più precisamente alla classe proletaria come soggetto unificato che ricerca la propria realizzazione all’interno della sfera lavorativa. Tale assunzione è erronea poiché non esiste né è mai esistita, secondo Honneth, una classe né un movimento sociale cui si possa ascrivere un interesse comune ed omogeneo.
La terza: che il socialismo sia storicamente ineluttabile a causa dell’insostenibilità del capitalismo.
A parere dell’autore, questi tre errori sono ascrivibili all’ingabbiamento storico del socialismo nella rivoluzione industriale, e spiegano la sua immediata obsolescenza dopo il secondo conflitto mondiale.
La terza sezione, “Nuove vie(I)” comincia a dare corpo al progetto teoretico di Honneth. La visione rettilinea della storia causata dall’erronea visione apodittica dell’ineluttabilità del capitalismo viene completamente sovvertita attraverso lo sperimentalismo storico. Ovvero, Honneth richiama l’attenzione sulla necessità di un approccio sperimentale, e non più autoreferenziale, rispetto allo sviluppo storico. Rimosso tale ostacolo, Honneth esplicita il proposito del socialismo postmarxista: “definire il luogo in cui la libertà sociale dovrà trovare il proprio posto all’interno della società moderna”. La scommessa del socialismo del XXI secolo si gioca, insomma, sull’idea di libertà, e su cosa definisca una società “sociale” nel senso autentico del termine. Per rispondere a questo interrogativo, l’autore si avvale dell’aiuto di John Dewey (1859-1952), figlio del pragmatismo americano dell’800 da cui riprende anche l’approccio sperimentalista. Secondo Dewey, “il filo conduttore (…) di una ricerca volta a rispondere nel modo più esauriente a una situazione sociale considerata problematica è rappresentato dalla rimozione delle barriere a quella libera comunicazione tra i membri delle società, il cui obiettivo è di individuare soluzioni intelligenti per i problemi in gioco”. A partire da tale problema comunicativo Honneth elabora il proprio concetto di libertà solidale, ovvero di libertà che si realizza nell’essere l’uno per l’altro. Solo tramite una comunicazione significativa si realizza una autentica interazione l’uno con l’altro, e la società può quindi beneficiare della piena realizzazione del potenziale di ogni individuo. La contrapposizione tra libertà individuale e solidarietà viene così risolta nella praxis di una libertà praticata nella forma solidale del comunicare l’uno con l’altro.
La quarta sezione si occupa di offrire ulteriori puntelli teoretici e di concretizzare maggiormente l’idea di libertà sociale. In una prima parte, Honneth cerca soluzione alle erronee assunzioni che portano il socialismo al fondamentalismo economicista e alla mancata interpretazione della differenziazione funzionale delle società (vedi primi due punti della seconda sezione). La prima può essere risolta abbracciando l’idea di democrazia politica, la seconda invece con un’analisi di più ampio respiro dei bisogni dell’individuo. Con il concetto di “sfera sociale”, Honneth intende una vera e propria “forma di vita”, e ritiene che il singolo possa esaurire il proprio bisogno di libertà sociale all’interno di tre sfere: quella economico-lavorativa, da organizzare in senso cooperativo, quella democratico-politica, e quella familiare, ovvero delle relazioni personali. Tali bisogni vengono soddisfatti grazie alla collaborazione e compartecipazione degli altri. La libertà sociale prospera attraverso la solidarietà.
Questo riassunto si è limitato a toccare i punti principali del lavoro di Axel Honneth. E tuttavia, credo che esso renda sufficientemente conto della complessità del nuovo socialismo. Proprio in tale complessità penso si possa individuare il suo tratto caratteristico: il socialismo moderno non è, e non può essere in alcun modo, una teoria semplice. In primo luogo, perché deve rendere conto di un universo sociale sempre più complesso e diversificato. In secondo, perché oggi come ieri i bisogni dell’individuo sono e debbono essere molteplici e complessi, e il fallimento non solo pratico ma anche teorico dell’idea socialista ne è la prova. In terzo, perché la ridefinizione costante dei suoi obiettivi in ottica sperimentalista è necessaria a una società in rapida mutazione come la nostra.